Ascoli Piceno

viaggio attorno a una piazza

 

Questo è un viaggio a km zero che si svolge tutto nel rettangolo di una piazza. Piazza del Popolo in Ascoli Piceno.

Non ha partenza e non ha arrivo, ma è un continuo tornare e ritornare nel corso del tempo per cogliere emozioni e atmosfere, situazioni e impressioni che non smettono mai di stupire.

Lo struscio della domenica, la messa a San Francesco, il caffè nello storico Meletti, gli incontri. Abitudini e relazioni sociali che si sviluppano dentro un contenitore prezioso che non è un semplice sfondo, ma parte viva della storia e della realtà cittadina. Fusione perfetta tra un complesso architettonico e i suoi abitanti. Essenza concentrata di socialità e civile vita urbana.

 

Guardare la piazza nella luce del sole e nell'azzurro della sera.

Scoprire tutti i suoi riflessi dentro le vetrine.

Sentire il lento respiro tipico di una tranquilla città di provincia a misura d'uomo.

Immaginare lo stupore di chi la vede per la prima volta.

Misurare coi passi tutti i suoi lati.

Eppure non basta. Si continua a tornarci e ritornarci, per cercare quel qualcosa che sempre sfugge e si nasconde, appare e scompare, rendendola diversa in ogni situazione.

 

Spesso è traboccante di persone. Vaso di folla.

Un frullar d'ali, un volo di piccioni ed eccola svuotata. Luminosa e perfetta. Silenzioso palcoscenico in attesa di nuovi attori.

 

La Piazza e il suo Popolo. Così dice il nome e così è. Due parole che si completano e trovano un senso l'una nell'altra. Persone che si incontrano, parlano, passeggiano dentro un quadro di bellezza e armonia. Una sala chiusa. Accessi discreti. Lago di spazio che si apre inaspettato dentro un tessuto urbano serrato nelle maglie strette di una trama medioevale. Fiore di luce appuntato su una cotta d'acciaio.

La chiesa di San Francesco ha la facciata con il portale maggiore su via del Trivio, ma alla piazza riserva il dono del suo lungo fianco gotico che va a chiuderne il perimetro a nord. Parete di lusso per il salotto cittadino. Al polo religioso fa da contraltare quello civico del Palazzo dei Capitani, turrita e possente sede dell'antico governo comunale. Medioevo e Rinascimento. Forza e fierezza all'esterno e leggerezza aerea di scalinate e loggiati all'interno.

Poi un'infilata di portici a collegare il tutto, con il ricamo di un merletto delicato lungo i lati. Sono di disegno uniforme, ma hanno le arcate di ampiezza diversa. Nessuna è uguale all'altra. Imperfezione sublime che rende questo luogo umano, caldo, unico e bellissimo.

Anche il contrasto tra luce e ombra gioca un ruolo importante. Tra la pozza di sole dello spazio aperto e il riparo delle logge si creano contorni splendenti che delineano con pennelli sottili, colonne e figure.

 

Giochi di specchi. Scoprire la Piazza che si raddoppia dentro una vetrina. A volte, come se un riflesso fosse troppo poco, anche la pioggia aggiunge la sua opera, tirando a lucido il pavimento.

Ecco, la chiesa di San Francesco che appare dove non dovrebbe essere e buca la parete col suo splendore illuminato. E poi, c'è quel negozio sul lato sud della Piazza, quante volte ci si era passati davanti, senza notare quel doppio riflesso nei cristalli della porta, amalgamato con le decorazioni della vetrina. E' bello scoprire cose nuove in ciò che si pensa di conoscere. E così...clic. Bellezza al quadrato con cielo pop.

 

A pensarci bene questa piazza è un'idea di città in miniatura: la chiesa, il vecchio comune, i palazzetti sopra i portici, la loggia per i commerci, lo spazio da condividere. Un posto da vivere che mette al centro l'uomo.

In Piazza il tempo scorre lento. E' più o meno in questa forma dai primi anni del Cinquecento e bisogna adeguarsi al suo ritmo. Bandita la fretta. Si passeggia lentamente, conversando come antichi filosofi peripatetici e facendo molte soste prima di arrivare in fondo e ripartire per il lato opposto. Le ore si consumano con lo stesso ritmo pigro dei passi. L'orologio sul Palazzo dei Capitani è così grande che un giro di lancette sembra

durare un periodo esagerato.

Ombre lunghe e aria dorata. Lo struscio della domenica mattina. Rito che nel suo ripetersi produce serenità e benessere. Brusio da alveare. Su e giù per il lato lungo della piazza. Fare le vasche, diciamo noi ascolani, ritenendo di essere impegnati in uno sport faticoso, forse per giustificare il pasto festivo.

Poi, verso l'ora di pranzo, tutto si spopola e torna il silenzio. E' in questo momento che i bambini sono più felici e non vorrebbero mai tornare a casa. Si sentono eccitati da tutto quello spazio vuoto. Una delle prime sensazioni di libertà. Non hanno mai visto un cortile così grande.

 

Nelle domeniche d'inverno anziani signori con eleganti cappelli sono soliti radunarsi davanti a San Francesco per discutere e scaldarsi al calore del sole che batte sulla parete.

Visti in controluce somigliano a tanti omini di Magritte sospesi dentro uno scenario rinascimentale. Se invece la stagione invita alla ricerca di frescura, ci si rifugia nella pozza d'ombra antica della Loggia dei Mercanti. Sotto le alte volte scure sembra abitare il ricordo del passato. Una penombra misteriosa, che mescola polvere di secoli, profumo d'incenso che trasuda dalla chiesa e memoria tenace scolpita e impressa nella pietra. Locale pietra mirabile, che è quella nobile e speciale dei monumenti ascolani: il travertino.

Il trascorrere del tempo lo modifica e lo rende vivo, lucidandolo con l'usura, rosicchiandolo, o sforacchiandolo come un tarlo. Chiaro e luminoso, è in sintonia con la luce, di cui riflette la tonalità. A volte lo vedi grigio, a volte color avorio, a volte ambrato. Il cielo si specchia sul pavimento di travertino della piazza, levigato da milioni di passi e un riverbero dorato splende nell'aria, resta sospeso come una nuvola di bellezza dentro questo prezioso rettangolo. Armonia rinascimentale di linee, di forme e materiali, creata apposta perché le persone ci vivano dentro. Tu vai da un portico all'altro ed è come se fossi entrato nel rarefatto incanto di un quadro di Piero della Francesca, o avessi fatto quattro passi nella Città ideale di Laurana. Privilegio senza pari, senza prezzo e senza costo.

 

Certe volte la nebbia copre la Piazza come una coperta di fumo. Sotto i portici l'atmosfera diventa intima e confortevole. Il Palazzo dei Capitani appare come un fantasma e il Caffè Meletti, scintillante di luci calde, invita a entrare e sedersi ai suoi antichi tavolini. Pavimento di legno scricchiolante. Fascino liberty. Profumo di crema e di anisetta.

La sera umida e grigia dipinge sulla Piazza un quadro nuovo e suggestivo in nero, azzurro e cinerino. Rari passanti. Non ci sono più contorni precisi. Tutto è sfumato. Morbido. Segreto. Un gruppetto di persone sta parlando dell'ultima partita dell'Ascoli, ma quei cappelli calati, quelle sagome scure, formano una perfetta visione di oscuri cospiratori medioevali.

Un'ultima vasca, poi una pedalata verso casa, lungo rue strette e silenziose, frusciando sull'acciottolato umido.

La Piazza resterà deserta, come un vecchio teatro alla fine dello spettacolo.

 

 

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